Va all'ospedale in crisi diabetica, per i medici è un infezione: ragazza muore poco dopo

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di Federica Macagnone
Michael Umny si porterà dietro per tutta la vita il rimorso di non aver portato la nipotina 15enne in ospedale, invece che in quell'ambulatorio dove Sadaf Mangi, la dottoressa di turno, non è riuscita a capire le sue reali condizioni. Rosie Umny, affetta da diabete di tipo 1, aveva il reflusso, vomitava, non si reggeva in piedi ed era in iperventilazione con battiti a 140, oltre ad accusare forti dolori al fianco: era alle prese con un pericolosissimo attacco di chetoacidosi diabetica, ma la dottoressa non è stata in grado di riconoscerlo.

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E, invece di sottoporla a semplici accertamenti che avrebbero chiarito rapidamente la situazione, le ha diagnosticato un'infezione all'orecchio e l'ha rimandata a casa. Poche ore dopo, nella notte del 2 luglio scorso, Rosie è entrata in arresto cardiaco ed è morta. Ora sulla vicenda è stata aperta un'inchiesta che accerterà le responsabilità del medico, ma non potrà  cancellare il rimorso dal cuore di nonno Michael.



Rosie aveva cominciato a sentirsi male a scuola nel pomeriggio del 2 luglio: il nonno la riportò  nella sua casa di Herne Bay, in Gran Bretagna, ma in serata le sue condizioni peggiorarono. Iperventilazione, dolori al fianco, reflusso, sensazioni che non aveva mai provato. Sua madre Georgina e nonno Michael la fecero salire in macchina e la portarono in ambulatorio: era in condizioni critiche così evidenti che i pazienti in attesa le cedettero il posto per farla visitare subito. La dottoressa Mangi, dopo averla controllata, le disse che aveva un'infezione all'orecchio e la mandò via. "In quel momento sono rimasto stupito - dice Michael -  perché ero sicuro che stesse per dirci di portarla in ospedale. Non mi sentivo tranquillizzato da quella diagnosi, ma a quel punto tornammo a casa". 
A quel punto la sorte di Rosie era segnata. All'una di notte il padre, Lee Hubble, la trovò stesa sul pavimento del soggiorno: i paramedici immediatamente allertati arrivarono pochi minuti dopo e rilevarono una quantità impressionante di zucchero nel sangue, tale da non poter essere rilevata dagli strumenti a loro disposizione. All'1.30 entrò in arresto cardiaco: portata di corsa in ospedale, morì alle 2.10, stroncata dalla chetoacidosi. "Continuo a darmi la colpa di tutto - confessa nonno Michael - perché fu mia la decisione di portarla dal medico dell'ambulatorio invece che al pronto soccorso dell'ospedale".
Interrogata nell'ambito dell'inchiesta, la dottoressa Mangi, scusandosi per quanto era accaduto, ha ammesso di non conoscere le procedure da seguire quando si ha a che fare con adolescenti affetti da diabete di tipo 1. E ha aggiunto di aver comunque pensato all'ipotesi di chetoacidosi diabetica, ma di averla poi scartata quando la madre di Rosie le aveva detto che i valori glicemici della figlia erano normali. Essersi affidata a quella dichiarazione è stato un errore fatale che a Rosie è costato la vita. "Dico alla famiglia che mi rammarico profondamente di essere venuta meno alle mie responsabilità di medico. Mi scuso con tutto il cuore" ha detto Mangi. I medici della commissione d'inchiesta, convinti che la ragazza avrebbe avuto molte più chanche di salvarsi se fosse andata in ospedale, hanno infatti rilevato varie manchevolezze nell'operato della dottoressa, come la mancata registrazione della frequenza respiratoria e della pressione arteriosa e l'aver rilevato una frequenza cardiaca molto elevata senza fare ulteriori osservazioni.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 7 Febbraio 2019, 22:59
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